giovedì 3 ottobre 2019
Premesso che se chiedessi di iscrivermi ad una confraternita religiosa non sarei accolto a braccia aperte; che non mi piace affatto strumentalizzare il credo religioso a fini politici; che cancellerei da ogni locale di Stato ogni simbolo che non sia quello della Repubblica; premesso tutto questo, devo dire che la questione dei tortellini, unitamente a quella del crocifisso, mi inquieta seriamente.
Enrico Mentana dice che la Chiesa (bolognese) agisce in nome della tolleranza. Anche il Governo della Repubblica predica la tolleranza. Tutti, insomma, vogliono essere tolleranti e agevolare l’integrazione.
Questa, però, è sudditanza d’accatto, rinuncia alle proprie radici, financo culinarie, al solo scopo di compiacere, ovvero, meglio, di non urtare la suscettibilità di altri. So bene che il 98 per cento di coloro che difendono il crocifisso e beatificano il maiale non pratica la religione cattolica e spesso appioppa al Padreterno appellativi irripetibili. Lo so e, francamente, avverto una fastidiosa orticaria davanti a questo fariseismo del terzo millennio.
So anche, però, che secondo Benedetto Croce noi “non possiamo non dirci cristiani” e so pure - non lo dico io, ma il più grande costituzionalista europeo di questi anni - che la nostra civiltà, i diritti della Rivoluzione francese, a me tanto cara, sono il frutto del pensiero cristiano. E forse anche il mio laicismo ha la stessa matrice.
Quindi, qualcuno crede di salvarsi e salvarci manipolando il concetto di integrazione, che prevede l’inserimento dell’ospite in una comunità già formata, non l’adattamento di questa ai costumi del nuovo arrivato. Qualcuno crede che si possano modificare i tortelli o sradicare il crocifisso per ottenere la pace e, invece, cancella i segni della nostra storia, senza esigere - questo lo vorrei - un atto di fedeltà ai valori costituzionali. Questo non va bene. Questo è sbagliato. Mi sto incazzando.
di Mauro Anetrini