mercoledì 2 ottobre 2019
Si sa, un parlare è più facile di un fare. Non lo dicono soltanto al Nord, ma sia al Nord (soprattutto) che altrove quel fare si coniuga immediatamente con il concetto di ripresa, di rilancio, di spinta dell’economia.
Solo che per i ceti produttivo-imprenditoriali l’economia non va soltanto a braccetto dei dané, dei soldi, dei guadagni (ci mancherebbe altro!), ma è strettamente connessa in un abbraccio che chiameremmo storico con gli investimenti. Ma l’occhio, lo sguardo, l’attenzione non può non essere rivolta, in una sorta di riflessioni della durata di decenni, alle spesa pubblica, delle pensioni, dei servizi sociali, e non a caso si ricordano come un monito più che severo le parole che pronunciò l’allora premier Mario Monti (2012): “La sostenibilità futura del Servizio sanitario nazionale potrebbe non essere garantita”.
A parte il fatto che una previsione del genere non poteva e non può non essere nota ai più, sia ai governanti che ai governati e (soprattutto) agli imprenditori, non si riesce comunque a scorgerne i rimedi fattivi, cioè non a parole, da parte di un Governo che allo straparlare di un Luigi Di Maio, dalla riduzione del numero dei parlamentari al voto ai sedicenni all’eloquio solennemente dedicatorio (alla Dea Fortuna?) di Giuseppe Conte, con la sua promessa “come impegno prioritario” della lotta all’evasione in nome del “pagare tutti per pagare di meno”, entrambi non si rendono conto della ripetitività di annunci che, in modo speciale nel caso del Presidente del Consiglio, si susseguono da decenni ad ogni dichiarazione programmatica dei governi. E dopo? Già e dopo...
Dopo il buon Conte, come è successo, se la prende con un Matteo Renzi che, se non l’avesse già dimenticato, si è fatto il suo partitino per rompere – per di più da una collocazione nella maggioranza – le cosiddette uova nel paniere a cominciare dal ventilato aumento dell’Iva (in ciò con un sempre robustamente oppositorio Matteo Salvini) in attesa delle imminenti bordate dell’ex premier, ovviamente “ad adiuvandum”.
Le promesse governative vertono soprattutto sulla sterilizzazione dell’Iva e sull’aumento degli stipendi (cuneo), grazie appunto alla “lotta senza quartiere alla evasione fiscale” e il Def con un deficit al 2,2 per cento, che secondo non pochi osservatori è più un ambito dei sogni che delle concretezze esecutive. Cioè del fare, sullo sfondo di una sorta di assenza, al di là appunto della vendita a buon prezzo delle promesse parolaie (anche da parte di un Partito Democratico che rischia di spegnersi come una candela), una colpevole assenza che attiene bensì all’economia ma ne è presupposto e non soltanto come necessità, ma come struttura portante di un impegno fondamentale, vale a dire il suo rilancio, guardando in modo particolare, come richiede non soltanto il Nord, alle imprese.
E per quanto riguarda il Nord non si tratta di un ragionamento per dir così geografico privilegiando un discorso “ideologico” che faceva parte del bagaglio primario della Lega di Umberto Bossi e di Bobo Maroni, ma non è un caso che proprio Maroni, insieme a Gianni Letta, presenti un suo libro dedicato appunto all’area più produttiva e dinamica del Paese, evitando qualsiasi scivolata di ritorno sulla leggendaria falsariga dei “lumbard” ma, semmai, con una richiesta di attenzione da parte di chi oggi governa, e con un occhio, sia pure non ostativo, all’amico e compagno Salvini che ha governato fino a qualche tempo fa.
Il settore produttivo non ignora innanzitutto che l’Italia è in decrescita, ma non da oggi, da anni ormai lontani ma proprio per questo le sue speranze, il suo ottimismo vuole sempre rispondere positivamente ai rischi di un tracollo non certamente imminente e comunque rimediabile purché una crisi economica produttiva abbia la possibilità di essere trasformata in quello che alcuni vorrebbero chiamare un rinnovato New Deal cui non può che esser decisivo l’apporto concreto di governi, parlamentari e apparati statali, regionali e comunali con l’obiettivo di ridare voglia di fare impresa.
Giustamente e a tal proposito è stato rilevato (Italia Oggi) che tante piccole e medie imprese italiane seguono l’evoluzione di due fattori: intelligenza artificiale e fintech, la via per risparmiare tempo e denaro, creando in tal modo efficienza, nuovi servizi, fatturato e utili; mete che, in verità, un governo, che non abbia la pruderie, come questo, di qualificarsi liberale, non può ignorare. Ma il crederci, con le roboanti chiacchierate contiane, non sembra affatto possibile.
Lo crede, invece, la gran parte di coloro, giovani e non solo, che fanno impresa. Ma con davanti i tanti, troppi ostacoli interdittivi come una invadente burocrazia da dimezzare, un fisco ossessivo da alleggerire, una magistratura che non s’impicci della politica, soprattutto una inefficienza governativa la cui sigla odierna non può che essere indicata nel dilagare delle chiacchiere.
Ed è qui che a parola “ottimismo” perde il suo più vero significato.
di Paolo Pillitteri