La misericordia contraddittoria dei vescovi

giovedì 26 settembre 2019


Ai vescovi italiani non è per nulla piaciuta la sentenza della Corte costituzionale che ha definito “non punibile” chi, a determinate condizioni, agevola e favorisce il “suicidio assistito”. Si sono detti “sconcertati” per una decisione in cui non si è tenuto alcun conto della legge di Dio che non prevede solo il “non uccidere” ma anche il “non disporre arbitrariamente della propria vita”.

Uno dei più critici nei confronti della sentenza della Consulta è stato l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, che non si è limitato a definire una “pagina grave” la decisione rilevando come possa aprire “all’idea che togliersi la vita è una possibilità buona” ma si è doluto anche della mancanza di richiamo dei giudici costituzionali alla obiezione di coscienza dei medici cattolici su cui ricadrà la responsabilità di gestire la legittimazione del suicido assistito.

La posizione assunta dall’arcivescovo e dalla Cei è assolutamente rispettabile. Ma contiene una contraddizione su cui bisogna riflettere. Il Dio della misericordia nei confronti dei poveri, dei migranti, dei diversi e di chiunque soffra nel mondo che viene tirato in ballo da Papa Francesco e dalle gerarchie ecclesiastiche di osservanza bergogliana, è lo stesso Dio che nega la misericordia a chi è stremato dalle sofferenze e chiede la vita eterna? Gli obiettori di coscienza a quale misericordia dovranno fare riferimento?

Urge un chiarimento in proposito. Quale misericordia? Quella progressista, innovativa ed anti-identitaria o quella tradizionale, conservatrice e reazionaria?


di Orso di Pietra