Cappato, cuore e ragione

Il mio cuore batte, lo dissi fin da subito, per Marco Cappato. La mia ragione – dissi anche questo – non del tutto.

Certo, la forchetta sanzionatoria è troppo ampia e la mancata differenziazione tra due fattispecie oggettivamente diverse è, senza dubbio, irragionevole. Ma c’è un nodo da sciogliere, davanti al quale mi sento del tutto inadeguato: la disponibilità della vita nel nostro ordinamento. Non mi riferisco all’articolo 5 del Codice civile, che è norma ordinaria, ma all’articolo 2 della Costituzione, che afferma un principio rispetto al quale ogni disposizione di legge, anche dell’Unione, è recessiva.

La Corte, oggi, corre il rischio di una manipolazione non consentita per rispondere alle giuste rivendicazioni della coscienza. Confesso che non saprei che cosa fare.

Anzi, no: una cosa la farei per certo. Introdurrei nel Codice penale una norma che consente al giudice di non punire in taluni casi. Gli svizzeri lo hanno fatto e funziona. Quando la pena sarebbe inutiliter data o in altre ipotesi, l’imputato è assolto.

Nessuno dubita che Marco Cappato abbia agito nella convinzione di adempiere un dovere morale. A chiunque – spero – fa inorridire la sola idea che possa essere condannato. Questo, però, è tema diverso dalla disponibilità della vita.

Diventiamo civili: cambiamo il Codice penale, scrivendone uno davvero liberale.

Auguri, Marco.

Aggiornato il 24 settembre 2019 alle ore 10:03