Dl Sicurezza bis: Salvini vince ma non stravince

martedì 6 agosto 2019


Il Decreto Sicurezza bis è legge. La sfida all’O.K. Corral lanciata da Matteo Salvini agli alleati pentastellati lo ha visto vittorioso. Il “Capitano” voleva dimostrare al mondo chi è che avesse nelle mani lo scettro del comando nel Governo d’Italia. La prova muscolare di ieri in Senato dovrebbe aver tolto i residui dubbi anche ai più scettici in ordine allo stato effettivo dei rapporti di forza tra leghisti e grillini.

Salvini, dunque, ha vinto ma non ha stravinto. A ben vedere, quella che a prima vista potrebbe sembrare una schiacciante vittoria, presenta delle ombre tutt’altro che rassicuranti. Numeri alla mano, emerge un dato che fino a ieri si poteva solo ipotizzare, ma adesso è certificato dalla realtà: non è più la Lega l’esclusiva detentrice delle sorti del Governo giallo-blu. Esiste in Senato una pattuglia di dissidenti grillini che ha la forza potenziale di mandare sotto l’Esecutivo, anche in caso di voto a un provvedimento sul quale è appoggiata la richiesta di fiducia. Il Decreto Sicurezza è passato con 160 voti favorevoli, uno in meno rispetto al quorum per la maggioranza assoluta nella Camera alta del Parlamento. Se dal computo dei favorevoli si detraggono i tre sì dati dai due eletti nella circoscrizione estera del Sud-America e dal senatore del Gruppo Misto Maurizio Bucarella, grillino della prima ora espulso dal Movimento, e considerando la decisione a maggioranza del Senato che ha assegnato in extremis ai Cinque Stelle un seggio nella circoscrizione Umbria in luogo di quello non coperto nella circoscrizione Sicilia, il risultato è che la maggioranza è sotto di 5 voti. Che corrispondono agli assenti grillini di ieri (esclusi dal conteggio il leghista Umberto Bossi e la grillina Vittoria Bogo Deledda, assenti per motivi di salute) che hanno voluto mandare in tal modo un messaggio chiaro al loro leader del tipo: oggi ti abbiamo graziato, ma non è detto che in futuro accadrà ancora. È pur vero che ai fini dell’approvazione del provvedimento nulla sarebbe cambiato visto che il soccorso di Fratelli d’Italia c’è stato comunque. Gli uomini e le donne di Giorgia Meloni si sono astenuti. E considerato che con le nuove norme regolamentari il voto di astensione in Senato non è più considerato contrario, i 21 astenuti hanno di fatto depotenziato il blocco dei contrari mestamente ridottosi a 57 voti, corrispondenti ai senatori presenti del Partito Democratico e di Leu. Anche il gruppo di Forza Italia, nel suo piccolo, ha dato una mano a Salvini scegliendo di restare in Aula ma non partecipando al voto.

Dopo la prova di ieri aspettiamo di vedere cosa accadrà domani, sempre in Senato, quando si discuterà, e voterà, la mozione anti-Tav Torino-Lione del Movimento Cinque Stelle. Il tormentone dell’estate sul Governo che cade o non cade si è risolto confermando le previsioni sviluppate dopo le Europee del maggio scorso. Nessuno, al momento, vuole o ha interesse a precipitarsi alle urne. Cionondimeno, oggi bisogna prendere atto che una maggioranza parlamentare di sostegno al Governo giallo-blu non esiste più. Non dobbiamo spiegarlo noi a Salvini, è presumibile che lo abbia capito da solo. Ma quanto potrà durare una situazione che si regge su equilibri tanto precari? Probabilmente il tempo di scrivere la Finanziaria del prossimo anno e poi tana libera tutti. Salvini potrebbe essere tentato dall’azzardo di riportare gli italiani alle urne anticipate in corrispondenza del voto regionale in Emilia-Romagna. Sarebbero urne sotto la neve sollecitate per chiudere una volta per tutte il conto con i Cinque Stelle. Sarà anche così, ma a riguardo continuiamo a pensare che l’astuto “Capitano” agiti lo spettro delle elezioni sul naso di un terrorizzato Luigi Di Maio nella recondita intenzione di arrivare a un rimpasto di Governo che comporti un allargamento della maggioranza parlamentare a Fratelli d’Italia. Conditio sine qua non è che il capo grillino riesca a tagliare i ponti con l’ala movimentista e sinistrorsa presente all’interno del Movimento Cinque Stelle.

La sensazione è che Salvini, benché sicuro della vittoria elettorale in caso di ritorno alle urne, non si fidi del Quirinale. Il “Capitano” sa che Sergio Mattarella non vuole le elezioni anticipate. In caso di crisi del Governo attuale, il capo dello Stato lavorerà a favorire la composizione di una maggioranza alternativa, seppure variopinta, in grado di portare avanti la legislatura annichilendo le ambizioni dei leghisti. E considerato che la madre di tutte le battaglie si giocherà nel 2022 con l’elezione del prossimo presidente della Repubblica, Salvini vorrà rischiare di giungere all’appuntamento decisivo per le sorti del Paese azzoppato o messo all’angolo da un Governo di responsabilità nazionale patrocinato dal Colle quirinalizio? Se fossimo in un legal thriller, quell’astensione decisa da Fratelli d’Italia sul voto di fiducia al Governo sarebbe un indizio grosso come una casa per risolvere il giallo della legislatura. L’altro indizio è quella sospetta rinuncia di Salvini a porre immediatamente, dopo la vittoria alle Europee, all’alleato grillino la questione del riequilibrio dei pesi specifici all’interno dell’Esecutivo. Perché Salvini ritarda il rimpasto pur non perdendo occasione un giorno sì e l’altro pure di sottolineare l’inadeguatezza di alcuni ben individuati ministri grillini? Non chiede le urne e non sollecita il ricambio nella compagine governativa, segno che il “Capitano” ha altri progetti in testa. Ora, come diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Perciò restiamo in attesa del terzo indizio. Che arrivi domani in occasione del voto sulla mozione grillina No-Tav?

 


di Cristofaro Sola