Mueller al Congresso: l’ultimo flop dei democratici

giovedì 25 luglio 2019


“Nei giorni che hanno preceduto la tanto attesa audizione del Procuratore speciale davanti al Congresso – scrive Peter Baker sul New York Times – i democratici sostenevano che l’ascolto di Robert S. Mueller III in televisione avrebbe potuto trasformare il dibattito sull’impeachment. Gli americani potevano anche non aver letto il libro, questa la teoria, ma avrebbero certamente guardato il film”. “Invece – conclude (sconsolato) Baker – il film che hanno visto gli americani non è stato il blockbuster che i democratici speravano. E il signor Muller non è stato la star hollywoodiana che avevano scritturato”.

A parte qualche giornale di estrema sinistra statunitense (e quasi tutti gli organi di “informazione” italiani), il verdetto dei media sull’audizione di Mueller davanti al Congresso è unanime: non ha spostato di una virgola lo scontro – tutto politico – sull’impeachment. Mueller si è limitato (in modo francamente noioso e molto poco “televisivo”) a confermare il perimetro del suo rapporto: tentativo russo di influenzare le elezioni del 2016, assenza di prove sulla “collusione” tra il Team Trump e Mosca, dubbi sulla possibile “ostruzione alla giustizia”. Nessun ribaltamento di prospettiva o passo in avanti verso la procedura d’impeachment, insomma. Tanto che Dan Balz, sul Washington Post, è costretto a scrivere che “i democratici ora hanno una sola opzione per mettere fine alla presidenza di Trump: le elezioni del 2020”. E quando, nello stesso giorno, i due giornali mainstream più ferocemente schierati contro l’attuale amministrazione (il New York Times e il Washington Post, appunto) sono costretti a dichiarare la resa, vuol dire che qualcosa di importante è veramente accaduto.

Questa ennesima battuta d’arresto, naturalmente, non basterà a sedare gli animi dei pasdaran dell’impeachment (alcuni dei quali sono in piena corsa per la candidatura democratica alle Presidenziali), ma paradossalmente potrebbe anche allargare la profonda frattura già esistente nel partito dell’asinello. Il magazine online “Politico” oggi scrive di uno scontro all’arma bianca tra il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Jerry Nadler, uno dei pasdaran di cui sopra, e la Speaker Nancy Pelosi, che invece sull’argomento impeachment prova da mesi a frenare i suoi. In ballo, soprattutto, c’è il destino di senatori democratici vulnerabili alle elezioni 2020, che una carica a testa bassa (inutile, fino a quando il Senato è sotto il controllo dei repubblicani) esporrebbe al rischio concreto di non essere rieletti. Ma sullo sfondo c’è anche la gestione della complicata stagione delle primarie democratiche, che già sta facendo intravedere le prime crepe all’interno del partito.   

“È sempre stato un errore per i democratici – scrive Rich Lowry della National Review sempre su Politico scommettere così tanto su Mueller, sia facendo affidamento sulla sua indagine per fare il duro lavoro di sostenere il caso politico contro Trump, sia elevandolo a un oracolo che si sarebbe pronunciato autorevolmente e senza alcun dubbio sull'indagine”. Ora, infatti, la leadership democratica si ritrova con un pugno di mosche in mano, un partito spaccato (non solo sull’impeachment) e un Donald J. Trump che canta vittoria nei giardini della Casa Bianca (oltre che su Twitter). E tutto a poco più di un anno dalle elezioni. Neppure i fantomatici hacker di Putin sarebbero riusciti a fare meglio.


di Andrea Mancia