Salvini contro Francia e Germania

Si riaccende lo scontro tra Matteo Salvini e i governi di Parigi e di Berlino. L’innesco dell’ennesima polemica sul destino degli immigrati clandestini dalle coste africane è stato il summit europeo dei ministri degli Interni dei Paesi Ue, a Helsinki.

L’Italia e Malta hanno presentato un piano ai partner comunitari focalizzato sulla necessità di rivedere le norme internazionali che, in materia di soccorsi in mare, prevedono lo sbarco dei naufraghi, o supposti tali, nei porti sicuri più vicini al luogo di salvataggio. Cioè, la regola per la quale tutti i ripescati nelle acque del Mediterraneo meridionale devono essere portati sulle nostre coste o su quelle della piccola isola al centro del Mediterraneo (e la Tunisia?). I partner, benché abbiano condiviso l’esigenza di “rivedere le regole del search and rescue per impedirne gli abusi (da parte delle navi delle Ong, ndr)volti a favorire una immigrazione illegale e incontrollata”, non hanno dato seguito alla realizzazione del piano proposto. Al contrario, c’è stata l’opposizione di Francia e Germania alla revisione normativa, che si è concretizzata in una bozza di risoluzione anticipata del vertice europeo sulle migrazioni che si apre oggi a Parigi.

L’idea è il consolidamento dello status quo: li facciamo sbarcare tutti in Italia e poi si valutano le opzioni di redistribuzione dei migranti tra gli Stati aderenti alla Ue. Peccato però che mentre l’afflusso di clandestini su suolo italiano è un fatto certo e presente, l’attivazione dei meccanismi di riparto dei profughi, o presunti tali, resta un’eventualità incerta e comunque futura. Il muro opposto dalla simpatica coppia formata da Horst Seehofer e da Christofe Castaner, rispettivamente ministri degli Interni di Germania e Francia, ha spinto il nostro Ministro dell’Interno ad un irrigidimento. Con una lettera inviata al collega francese, Matteo Salvini annuncia la sua decisione di non partecipare all’incontro parigino, affidando la rappresentanza dell’Italia a una delegazione tecnica alla quale ha dato disposizione “di muoversi esclusivamente nel perimetro delineato, evitando nuove e diverse dichiarazioni con i lavori svolti sinora”. Salvini batte sul tasto più delicato per il nostro Paese: “non siamo più il campo profughi di Bruxelles, Parigi e Berlino”.

Ora, non si tratta di gretta convenienza elettoralistica per la quale gli slogan fanno aggio sul buon senso e la ragionevolezza della politica. La questione sollevata da Matteo Salvini è sacrosanta perché attiene al destino del nostro Paese nell’ambito della futura organizzazione degli Stati Uniti d’Europa, se mai si realizzeranno. Non è per fare i paranoici, ma da tempi non sospetti andiamo sostenendo che la Germania della cancelliera Angela Merkel abbia rispolverato, se non nella lettera quanto meno nello spirito, il cosiddetto “Piano Funk”, dal nome del ministro dell’economia del Terzo Reich in carica dal 1938 al 1945, Walter Funk. La particolarità del piano si focalizzava sull’idea-guida che la Germania dovesse costituire il centro nevralgico pensante della produzione industriale continentale nel mentre alle nazioni europee coalizzate sarebbero stati assegnati compiti specifici con obiettivi produttivi coordinati nell’ambito della programmazione economica verticalizzata con apice Berlino.

Senza scadere nel luogo comune per il quale i tedeschi perdono il pelo ma non il vizio, il sospetto che ancora una volta l’intenzione dell’asse carolingio sia quella di assegnare all’Italia una funzione periferica alla quale attenersi cresce quando si assiste ad episodi rivelatori di tracotanza egemonica del genere di quelli raccontati in queste righe. C’è un esercito industriale di riserva a disposizione del capitalismo nordico, fatto di masse d’immigrati dal Terzo Mondo, che va fatto stazionare da qualche parte in vista di un suo utilizzo. E la sala d’attesa dell’umanità dolente dovrebbe essere l’Italia. Cari tedeschi e francesi, avete bisogno di un serbatoio di schiavi dal quale attingere manodopera a basso costo? Andate a prenderli in Africa e portateli a casa vostra. Ma lasciate fuori il nostro Paese dai vostri giochi d’interesse, coperti malamente dalla patina ipocrita dell’umanitarismo di maniera.

Quelli di prima, i compagni del centrosinistra, l’Italia se l’erano svenduta per un piatto di lenticchie. Forse per questo piacevano tanto ai padroni del vapore europeo: con la faccia di bronzo di un Matteo Renzi riuscivano a far passare per grandi vittorie dell’Italia in Europa i patti scellerati contratti con gli affossatori delle italiche fortune. Come quello, peggiore di tutti, di prendersi tutta l’Africa in casa in cambio di qualche spicciolo concesso sulla flessibilità dei conti pubblici. Salvini, il suo avvento prorompente sulla scena politica nazionale, non è un incidente della Storia, la meteora precipitata al suolo per un errore di traiettoria: è l’esatta rappresentazione del senso di frustrazione che ha smosso dal torpore la maggioranza degli italiani costringendola alla ribellione contro la status quo protetto e garantito in loco dai “gendarmi” del Partito democratico. Più i governanti di Francia e Germania si comportano da despoti con l’Italia e più i consensi alla Lega aumentano. Attenzione, però. Tale conflittualità non potrà essere protratta all’infinito, almeno allo stadio di bassa intensità. Prima o dopo la polemica esonderà dai confini vigilati della questione migratoria per tracimare sul terreno delicatissimo delle ragioni complessive che sottostanno alla partecipazione dell’Italia all’Unione europea.

A breve sapremo se la scommessa della Brexit porterà il popolo britannico alla catastrofe o a una nuova stagione di prosperità. Per gli europei osservare cosa accadrà ai sudditi di Sua Maestà britannica sarà come per gli atei risolvere l’enigma dell’aldilà: sai che fregatura se, dopo la morte, dall’altra parte ci ritrovi la vita? Anche in Italia qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi se si sopravviva senza l’Unione europea. Se e quando accadrà sarà il giorno più nero per i padroni del vapore di Bruxelles. Perché Merkel e Macron fanno la voce grossa, ma senza l’Italia non vanno da nessuna parte.

Aggiornato il 23 luglio 2019 alle ore 10:27