mercoledì 8 maggio 2019
L’anamorfosi ha vari e complessi significati in zoologia, geometria, biologia. L’etimologia greca chiarisce che anamorfosi significa “riformazione”, “formare di nuovo”. Il Governo in carica sembra dunque meritare la qualifica di “Governo anamorfico”, anche perché gli stessi governanti, ministri e parlamentari, la rivendicano, sebbene senza usare un’espressione tanto specialistica quanto dotta. Infatti si autodefiniscono “Governo del cambiamento”, sottintendendo cambiamento in meglio ovvero sviluppo di una nuova e migliore forma di governo. La novità consisterebbe nel fatto che i partiti formanti il Governo non si considerano alleati ma contraenti e non hanno un programma di governo concordato ma un contratto stipulato mediante il rogito di uno strano notaio, il presidente del Consiglio con il titolo di “avvocato del popolo”. A giudicare dal comportamento delle parti nel primo anno di esecuzione del contratto, la loro litigiosità dimostra che appunto controvertono come condomini insopportabili e cavillosi gli uni con gli altri, sempre a recriminare con pandette e regolamenti alla mano, fino agl’insulti sul pianerottolo.
Il contratto, sottoscritto dalle parti più per necessità che per desiderio, ha natura sinallagmatica, come direbbe un leguleio. Ma in un senso affatto particolare: il rapporto tra prestazione e controprestazione non è corrispettivo, bensì bilaterale. Ciascun contraente non condivide le clausole proposte dalla controparte, ma s’impegna a fargliele approvare. La causa del contratto non è la proposta politica del programma governativo, ma la mutua garanzia di sostegno parlamentare reciproco. Niente solidarietà ministeriale.
Qui soccorre, per spiegare questo stranissimo Governo, l’accezione più comune di anamorfosi: “È così chiamato un tipo di rappresentazione pittorica realizzata secondo una deformazione prospettica che ne consente la giusta visione da un unico punto di vista, risultando invece deformata e incomprensibile se osservata da altre posizioni” (Dizionario Treccani). Conosciamo l’anamorfosi negli affreschi dove il pittore, dipingendo su una superficie curva, crea illusioni ottiche e conosciamo l’anamorfosi in certe tele dove esiste una figura nascosta, indistinguibile guardando il quadro come si fa di norma, invece perfettamente raffigurata se ci collochiamo nella posizione che il pittore volle per lasciarcela individuare.
Ecco, a noi pare proprio che, sia come illusione ottica sia come figura nascosta, al Governo contrattuale calzi a pennello (è il caso di dirlo!) la similitudine dell’anamorfismo e la qualificazione di anamorfico. Il cambiamento in meglio sembra piuttosto una deformazione incomprensibile della realtà economica. Per distinguere poi ed apprezzare i miglioramenti dell’azione governativa, che affermano esserci nel quadro politico, bisogna osservarli da una posizione così difficile da scovare che ormai tutti ritengono segretamente riservata all’esclusivo piacere dei contraenti.
di Pietro Di Muccio de Quattro