Torino-Lione: o Tav o morte

mercoledì 6 marzo 2019


Tav, fortissimamente Tav. Sembra che non ci sia altro nel menù della politica. In effetti, la costruzione del tratto ferroviario dell’Alta velocità tra Lione e Torino continua a guastare i sonni, già turbolenti, degli alleati giallo-blu. I grillini non lo vogliono, i leghisti sì. I primi ne fanno un totem ideologico, i secondi una questione di accarezzamento dal verso giusto del pelo degli industriali del Nord. E i media, da par loro, ci marciano sopra alla grande. D’altro canto, il ferro si batte finché è caldo. E adesso il tema del Tav più che caldo è rovente. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono incontrati per cercare di abbassare la temperatura o, al peggio, per scaricare il dossier bollente nelle mani ignifughe del premier Giuseppe Conte. Della serie: Peppino, pensaci tu. A fare cosa? Non a dirimere in via definitiva la questione se proseguire o meno nella costruzione dell’opera. Più realisticamente, le parti chiedono al conciliatore che siede a Palazzo Chigi una soluzione temporanea che serva a prendere tempo, senza pregiudicare la posizione dell’Italia rispetto agli impegni presi con la Francia e con l’Unione europea.

A complicare, però, la situazione interviene la scadenza-capestro dell’11 marzo entro la quale il C.d.A. di Telt, la società di proprietà al 50 per cento dello Stato francese e al 50 per cento delle Ferrovie dello Stato Italiane responsabile della realizzazione e della gestione della sezione transfrontaliera della futura (ipotetica) linea ferroviaria Torino-Lione, dovrà pronunciarsi sulla pubblicazione dei bandi di gara per gli appalti relativi alla costruzione dell’opera, pena la perdita di 300 milioni di finanziamenti Ue. Se finora abbiamo conosciuto un premier dalle doti di negoziatore, da oggi dovremo fare i conti con una nuova versione di presidente del Consiglio: Peppino il cunctator, cioè “il temporeggiatore”.

L’obiettivo sia di Lega sia di Cinque Stelle, a questo punto, è di rimandarne a dopo le elezioni europee la soluzione. Anche perché vi sarebbe l’opportunità di verificare l’orientamento maggioritario della popolazione sul tema senza indire una consultazione popolare ad hoc, come vorrebbe il presidente della Regione Piemonte, il piddino Sergio Chiamparino, visto che un referendum implicito sul Tav Torino-Lione si terrà proprio in corrispondenza del voto per le europee. Nella tornata del prossimo 26 maggio, infatti, i cittadini piemontesi saranno chiamati alle urne, oltre che per il rinnovo del Parlamento europeo, anche per l’elezione del nuovo Consiglio regionale e del Governatore. In quella occasione si potrà riscontrare la volontà degli elettori coinvolti, per le ricadute territoriali, nell’“affaire Tav”. Essendo quello il piatto forte del confronto politico in atto, è facile ipotizzare che i piemontesi esprimeranno la preferenza in base alla scelta sulla grande opera. Coloro che non la vogliono voteranno i Cinque Stelle, mentre i fautori del Tav spalmeranno i propri voti sull’arco di partiti che lo sostengono. La notte del 26 di maggio si capirà. Nel caso in cui i grillini dovessero rimediare una sonora batosta, va da sé che il giorno dopo l’alleato di governo pretenderà un netto passo indietro dei Cinque Stelle rispetto all’odierna posizione oltranzista. Al momento, l’unico interesse effettivo dei partner di governo è quello di togliere la questione Tav dalle prime pagine dei giornali per evitare che le opposizioni, che hanno fatto il loro mestiere addentando ai polpacci la maggioranza, cavalchino ad oltranza la polemica.

Comunque, ai giallo-blu un danno d’immagine seppure parziale è già stato procurato. Lo prova la cronaca quotidiana. Il Governo ha piazzato due colpi importanti per la ripresa economica del Paese. Il primo. È stato costituito il Fondo Nazionale Innovazione con una dotazione finanziaria di un miliardo di euro per rilanciare l’innovazione tecnologica nel manifatturiero. La Cabina di regia del maxi investimento pubblico a forte effetto moltiplicatore è affidata alla Cassa Depositi e Prestiti che, attraverso l’acquisizione del 70 per cento di Invitalia ventures Srg, si candida alla creazione di una sorta di “Casa del Venture Capital” italiano. Il secondo. Nei giorni scorsi il bistrattato ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha strappato ai vertici di Aspi-Autostrade per l’Italia una lettera d’impegno con la quale il gruppo industriale, gestore della maggior parte delle rete autostradale italiana, si obbliga a pagare allo Stato 290,9 milioni di euro a copertura dei costi per la ricostruzione dell’ex Ponte Morandi, crollato a Genova la scorsa estate. Bisogna ammettere che nella storia italiana, raramente sia accaduto che le istituzioni pubbliche riuscissero a rivalersi pienamente e in tempi tanto rapidi dei danni causati alla collettività dalla cattiva gestione dei privati.

Ebbene, pur di fronte a due interventi positivi per i quali il Governo avrebbe meritato un plauso, le prime pagine di tutti i giornali e l’informazione sui media di questi giorni si sono focalizzate esclusivamente sul Tav come se quel buco nella montagna, che attende da trent’anni di essere realizzato e per il quale occorreranno almeno altri venti anni per renderlo operativo, fosse la partita della vita della ripresa economica italiana. Se la si piantasse per un po’ con la demagogia si capirebbe che l’osso del collo l’Italia non lo rischia sulla Torino-Lione ma scivolando sul mancato sblocco delle cento e passa opere pubbliche che, già finanziate, attendono di essere realizzate. Se la si mette sul tragico, non sarà il Tav Torino-Lione la nostra tomba ma ben altro mette a rischio l’economia italiana. Ragion per cui, a meno che non siate le opposizioni parlamentari obbligate per statuto a fare casino, Keep Calm and Carry On.


di Cristofaro Sola