
Che i dirigenti del Partito Democratico fossero in preda a una crisi di nervi lo si era capito da tempo ma che arrivassero a sragionare come ha fatto il presidente del Partito, Matteo Orfini, nel corso di un’intervista al vicedirettore dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis, segna un peggioramento del quadro clinico del soggetto collettivo più malato d’Italia.
Orfini, innervosito dalle polemiche sull’arresto dei genitori di Matteo Renzi, ha cercato di spostare l’attenzione verso altri obiettivi che non fossero il Pd. In realtà, più falsi bersagli che veri target. Tuttavia, al presidente piddino è scivolato il piede dalla frizione. A proposito della decisione della Giunta delle immunità del Senato di dichiarare la non procedibilità contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini per la questione della nave Diciotti, Orfini si è spinto a dire che in Italia siamo al cospetto di una deriva cilena. Senza mancare di rispetto ad un autorevole rappresentante della sinistra, la domanda sorge spontanea: onorevole Orfini, per caso si è bevuto il cervello? D’accordo la propaganda partigiana, per la quale l a sinistra è da sempre maestra, ma bisognerebbe stare attenti a non esagerare. Si rende conto il deputato Matteo Orfini cosa significhi paragonare ciò che è accaduto nelle acque territoriali italiane lo scorso agosto con gli eventi cileni che seguirono l’uccisione del presidente Salvador Allende e l’instaurazione al potere di una giunta militare particolarmente sanguinaria? È da pazzi. Matteo Orfini può, forzando l’anagrafe, dichiararsi ancora un giovanotto visto che è nato nel 1974, esattamente un anno dopo il golpe in Cile dell’11 settembre 1973. Perciò non ha vissuto quei giorni drammatici. Al più, può aver letto qualche libro dedicato all’argomento o ascoltato qualche concerto degli Inti-Illimani. A seguito del colpo si Stato i militari usarono la mano pesante contro gli oppositori. L’Estadio Nacional de Chile di Ñuñoa, cittadina della regione metropolitana di Santiago, venne trasformato in un campo di concentramento. Si conta che vi furono ristretti oltre 40mila prigionieri politici. Tutti vennero sottoposti a torture. La conta dei desaparecidos, gli uccisi e i cui corpi non più ritrovati, si aggira intorno alle 38mila persone. Migliaia furono i cileni costretti a fuggire dal Paese per sottrarsi alla dura repressione del generale Augusto Pinochet e dei sodali della giunta militare. Comunque si giudichi la sinistra sud-americana di cui Salvador Allende fu espressione di punta, la soluzione golpista resta una pagina nera nella storia delle destre d’oltreoceano. Essa ha eguagliato per brutalità e autoritarismo gli speculari regimi comunisti che avevano preso piede nel nuovo continente, a cominciare dalla Cuba comunista di Fidel Castro.
Orfini nell’intervista vorrebbe maneggiare con destrezza la prospettiva storica. Invece il suo tentativo è assai maldestro. Per sostenere un argomento di propaganda contro il Governo giallo-blu azzarda un collegamento assurdo. Ma si guardi intorno Orfini, vede campi di concentramento e oppositori politici incarcerati e torturati? L’intento principale dell’intervista era lamentarsi con il giornalista per il trattamento che l’Huffington Post ha riservato alla vicenda giudiziaria dei coniugi Renzi. Sarebbe stato più salutare che Orfini si fosse attenuto al tema e non avesse deciso di debordare verso improponibili paragoni storici. Per inciso, è un piacere sentir parlare un dirigente del Pd di garantismo, di Stato di Diritto, di proporzionalità delle misure cautelari rispetto al diritto prevalente da tutelare che resta la libertà del cittadino. E di magistratura che “va difesa anche da stessa. E da chi la rappresenta”. Ci sarebbe solo da chiedersi dov’era il presidente dei “dem” e dov’erano tutti questi garantisti di sinistra quando si processavano Berlusconi e il berlusconismo sui giornali e nei salotti televisivi prima ancora che nelle aule dei tribunali; quando si affermava il diritto degli uni, i moralmente superiori, di comandare contro il dovere degli altri, i nemici, la destra, di scomparire per evidente deficit etico dei suoi rappresentanti. E dov’era l’ottimo Matteo Renzi che oggi fa la vittima per ciò che è capitato ai suoi genitori ma che fino a ieri non si è fatto scrupolo di accusare Salvini e i leghisti di essere dei mariuoli per la questione, ancora pendente in giudizio, delle irregolarità nella tenuta dei conti della Lega all’epoca della segreteria di Umberto Bossi? Francamente, della vicenda giudiziaria della famiglia Renzi c’importa un fico secco. Interessa e molto, invece, stabilire il grado di pericolosità di questi dirigenti piddini che, pur di sostenere la polemica a scopi demagogici e propagandistici, non si fanno scrupolo di manomettere la verità storica o di azzardare provocatorie comparazioni.
Se Orfini non è impazzito vuol dire che la sua intemerata è la traccia di quello che sarà il comportamento delle opposizioni di sinistra in vista del voto per le europee: fomentare la paura, l’odio e lo scontro sociale, evocando fantasmi che non hanno diritto di albergare nella storia dell’Italia democratica e repubblicana. La destra che appoggia l’operato del ministro dell’Interno sull’azione di contrasto all’immigrazione illegale non fa dell’Italia il Cile di Pinochet del terzo millennio. Non ci provino i compagni a buttarla in caciara con la farsa dei cattivoni che non vogliono a casa loro i poveri immigrati, perché stavolta la risposta degli italiani sarà corale. Illustre presidente Orfini, un gigantesco “Non ci stiamo a farci dare degli aguzzini cileni!” vi seppellirà tutti.
Aggiornato il 22 febbraio 2019 alle ore 10:30