Populismo di governo alla svolta delle manette

Diciamocelo almeno inter nos: No-Tav, No-Tap, No-Vax, No-Euro e altri “No”, non significano soltanto un rifiuto chiaro e tondo dell’avanzare, del progresso dell’uomo, della nazione, del mondo, ma anche e purtroppo una sorta di rosario di preci all’incontrario, di giaculatorie non per ma contro, non a favore di ma in opposto a, non per la salvezza ma per la dannazione, direbbe un parroco d’altri tempi, ma pure di questi, perigliosi e incerti quando si tratta di garanzie e di diritti.

Cosicché lo sciame populista che oggi governa l’Italia non solo va inanellando una sorta di catena sulla quale gravano bensì le troppe parole buttate a vanvera - grazie anche a mass media non poco benevoli - ma associate a progetti e disegni che nulla hanno a che fare con una parola, una sola, ma decisiva: garanzie, appunto. E finisce che populismo fa rima con giustizialismo.

Non si sa se, come andiamo dicendo da giorni, verrà posto prima o poi un finale al diluvio delle sciocchezze pentastellate contro la Tav, ma nel frattempo quella che qualcuno ha definito la “dittatura dei manettari” si sta facendo strada all’interno del Paese, dentro e fuori le aule parlamentari, dove all’incredibile minaccia manettara seguono inevitabili reazioni con lanci di fogli e minacce di abbandono, ma anche dove vive e opera la sede istituzionale della Polis garantendo il luogo nel quale il concetto stesso della politica conserva il valore e il significato delle scelte del popolo facendone la sede nella quale queste scelte si condensano e si risolvono nelle ritualità mai vuote della stessa Costituzione.

Adesso, come lasciano intendere alcune iniziative di Lega e Movimento 5 Stelle, bastano e avanzano i referendum. Che non sono affatto contro la Costituzione ma, come ne vengono ipotizzati alcuni, violerebbero alcuni principi irrinunciabili in una democrazia parlamentare, cioè normale.

Leghisti e pentastellati vogliono fermamente i referendum propositivi anche (e non a caso) in materia penale, per cui gli italiani avrebbero la possibilità di approvare leggi che (sempre non a caso) aumentano le pene per specifici reati oppure modificano i meccanismi processuali.

In sostanza, la proposta costituzionale dei due partiti al governo a proposito di referendum prevede che con 500mila firme i cittadini potranno presentare una proposta di legge che, se non approvata entro 18 mesi dal Parlamento, sarà oggetto di un referendum per la sua approvazione e la cui validità, estesa anche ai referendum abrogativi, sarà tale se il 25 per cento degli aventi diritto avrà votato, tenendo comunque presente un dato non poco inquietante avvenuto nelle votazioni alla Camera con la bocciatura degli emendamenti proposti da Forza Italia che chiedevano che la consultazione referendaria fosse inammissibile in materia di ratifica dei trattati internazionali, elettorale e penale. E dunque processuale.

Quel “penale” che tanto sta a cuore dei populisti governanti è stato sottolineato con entusiasmo dal deputato grillino Giuseppe D’Ambrosio con un gesto che è, a un tempo, il sintomo e soprattutto il simbolo del giustizialismo non solo o non tanto come via maestra nella denegazione di ciò che resta della politica, ma, per la sede della sua rappresentazione e il profumo gestuale che l’accompagna, diventa una svolta ed esprime tutte le pulsioni di minaccia e di paura per i malintenzionati garantisti. La svolta delle manette.

Aggiornato il 19 febbraio 2019 alle ore 11:09