
Altro che “tutti al mare tutti al mare a mostrar le chiappe chiare”, come si cantarellava con umorismo popolare ai bei tempi che furono. No, adesso tutti al lago! tutti al lago! è il refrain prevalente, e a mostrare ben altro rispetto al fondo schiena, almeno ce lo auguriamo. Tutti al lago, tutti a Cernobbio, tutti dai poteri forti, tutti al mitico workshop dell’Ambrosetti. Tutti corrono al salotto buono del vero potere italico, persino quelli che fino all’anno scorso lo guardavano con sommo fastidio, con diffidenza, non nascondendo un’ostilità cultural politica nei confronti di un forum prestigioso cui fanno riferimento premier governativi, amministratori delegati di potenti trust, presidenti di gruppi bancari, principi sauditi e chi più ne ha più ne metta.
Dunque, di corsa a Cernobbio, a cominciare da quell’ineffabile Luigi Di Maio, simbolo dopo Beppe Grillo dell’anticasta (a parole) che fino a qualche mese fa disprezzava simili luoghi di culto per gli adoratori del capitalismo governante il mondo e, a maggior ragione l’Italia, luogo dunque peccaminoso e fonte di ogni male contaminante per chiunque dei pentastellati, il cui primo comandamento del loro clown e padrone ne postula statutariamente l’obbligo della più dura contestazione in quanto emblema della Casta più Casta di tutte.
Di Maio deve aver quasi completato la preparazione di primi piani e pose per tivù e paparazzi, ché lui è sempre in posa perché spera che la sua fotogenia continui a sedurre i giornaloni cosiddetti indipendenti e sorvolanti volentieri sui limiti, i difetti, le incapacità, le inadeguatezze, le contraddizioni e le figuracce sue e del Movimento 5 Stelle. “Non posiamo aver paura di contaminarci. Per me si tratta di parlare dal vivo per una platea che non mi conosce. Chi come il M5S si candida a governare non può commettere l’errore di rimanere chiuso nel proprio guscio. Siamo percepiti in modo diverso da quello che siamo e vogliamo raccontare la nostra concezione del Paese”. E via adulando il Forum e promuovendo se stesso in vista dell’imminente incoronazione a Presidente del Consiglio pentastellato, in caso di vittoria elettorale, si capisce.
E che cosa meglio e di più di un Forum come l’Ambrosetti per un viatico, un consenso, un buffetto assertivo, un “va e governa”? Il gioco vale la candela, si sarà detto il fotogenico vice presidente della Camera dei deputati, e anche il rito del bacio della pantofola. Qualcuno, giustamente, sta già parlando e scrivendo dell’eterno gattopardismo italico, contaminante, lui sì, persino i grillini della protesta, della contestazione, dell’indignazione permanente, della lotta ai corrotti della Casta politica infame, del cappio sventolato a ogni piè sospinto, della purezza liliale delle liste del M5S e guai a chi abbia un avviso, un’indagine, un’inchiesta. A bocca aperta, illico et immediate! Come nel capolavoro di Tomasi di Lampedusa, ma condotto molto più spudoratamente e sfacciatamente, il rituale del tutto deve cambiare perché tutto rimanga come prima è il nuovissimo percorso di un bellimbusto come Di Maio col suo perenne sorrisetto da primo della classe in nome dell’uno vale uno, precetto degno della più grossa fake news che applicato a Grillo deve leggersi uno vale uno ma più di tutti. Il fatto è che andare a Cernobbio per un Di Maio (e in una certa misura anche per Matteo Salvini, ma la sua Lega è ben nota alla prestigiosa lobby perché da anni al governo lombardo veneto e nazionale, anche se, si sarà detto il furbo Matteo, un’attenzione benevola da parte del Forum è sempre gradita e bene augurante) non spiega soltanto i suoi desideri primari.
È pur vero che il M5S spera di vincere prima in Sicilia e poi nel Paese e dunque l’inginocchiarsi davanti ai poteri forti è una sorta di passaggio obbligato, ma non meno vero è che proprio questo inchinarsi davanti a chi era considerato un idolo da abbattere, un mito da sfatare, un imbroglio da smontare in nome del Sacro Graal dell’uno vale uno rivela almeno un paio di cose entrambe niente affatto gradite ai grillini: la prima è che qualche ragione dell’indignazione più urlata, contro poteri forti, contro l’Ue, contro l’Euro, sta venendo meno grazie a una sia pur timida ripresa economica; la seconda è che essere o apparire come l’anticasta per antonomasia, una sbandierata alternativa globale al sistema (capirai!) non è affatto gradito a chi conta davvero nel mondo soprattutto se si vuole andare al governo. E tanto più se un pretendente come Di Maio, al di là della mise-en-scène per giornali e talk-show (in genere compiacenti) resta il simbolo di un movimento che ha nel suo programma le nazionalizzazioni, l’eliminazione dei carburanti fossili, l’uscita dalla moneta unica tramite referendum, processi in piazza ai politici corrotti e corruttori.
Sembra improbabile che quelli del Forum, banchieri, manager, capitani d’industria, direttori generali non abbiano letto attentamente questi propositi non esattamente in linea non con la loro ma, almeno, con una ipotesi di alternativa non di sistema ma normale. E se la lettura c’è stata, potrebbe anche avverarsi la cattivissima e fulminante previsione dell’insuperabile Dagospia: “Di Maio cerca figure di merda a Cernobbio”.
Aggiornato il 04 settembre 2017 alle ore 13:15