
Da cosa nascono le crisi finanziarie? È, questa, una delle domande più importanti a cui tentano di rispondere gli economisti. Comprendere quali siano le ragioni che possono determinare le crisi è fondamentale per prevenirle, mitigarne gli effetti o accelerarne il decorso. Il premio Nobel 2022, conferito a Ben Bernanke, Douglas Diamond e Philip Dybvig, conferma quanto sia importante questa frontiera: la motivazione, infatti, sta proprio nel fatto che “le loro scoperte hanno migliorato il modo in cui le società affrontano le crisi finanziarie”. Una prima spiegazione della Grande depressione – la crisi più studiata, e una delle più devastanti, della storia – venne da John Maynard Keynes, il quale attribuì il crollo degli anni Trenta alla caduta della “domanda aggregata” e suggerì pertanto di rispondere attraverso la spesa pubblica. Questa spiegazione però faceva acqua. Fu così che il paradigma keynesiano venne rotto da un manipolo di studiosi, perlopiù basati a Chicago, il più rappresentativo dei quali era Milton Friedman, egli stesso insignito del Premio Nobel nel 1976. Friedman – autore assieme ad Anna Schwartz della Storia monetaria degli Stati Uniti, 1867-1960 appena pubblicata in italiano dall’Ibl – mostrò che, in realtà, le politiche monetarie stavano alla base della crisi. L’argomento di Friedman si rivelò vincente.
Ma anch’esso non era sufficiente a dare conto pienamente di quanto era accaduto nel decennio precedente la Seconda guerra mondiale. Un ulteriore contributo venne da Bernanke e, separatamente, da Diamond e Dybvig. Bernanke osservò che il collasso del sistema bancario non era un effetto della Grande depressione, ma una sua causa: infatti le banche svolgono una funzione essenziale di intermediazione tra il risparmio e il credito; senza l’uno non può esserci l’altro, e senza questo non può esserci investimento e dunque crescita. Ma come mai le banche caddero vittime delle famose corse agli sportelli? La spiegazione sta nel lavoro di Diamond e Dybvig, che hanno mostrato quanto siano importanti le aspettative (e, in particolare, quelle negative) nel determinare la condotta dei risparmiatori. Detta in modo brutale, la corsa agli sportelli avviene quando un numero sufficiente di persone si convince che essa avverrà.
La lezione di Bernanke, Diamond e Dybvig non è, ovviamente, definitiva. Per esempio, per prevenire la corsa agli sportelli gli Stati hanno introdotto varie forme di garanzie sui depositi. Ma questo ha contemporaneamente ridotto l’incentivo per i risparmiatori e gli azionisti delle banche a verificare che il credito fosse concesso secondo criteri di prudenza. E ciò ha determinato assunzioni di rischio eccessivo a cui si è cercato di rispondere con una regolamentazione sempre più invasiva e, non di rado, con effetti inintenzionali pari o peggiori dei problemi che intendeva risolvere. Inoltre, sebbene Bernanke da presidente della Federal Reserve si sia trovato ad affrontare un problema per certi versi simile a quello che aveva studiato, non si può dire che non abbia commesso errori.
Per certi versi, proprio l’enfasi del suo studio sul ruolo del sistema bancario lo portò durante la crisi finanziaria a eccedere nel senso opposto. Come ha scritto David Henderson sul Wall Street Journal, egli non si concentrò abbastanza sul tema della liquidità. Molti economisti monetari all’epoca evidenziarono che la chiave consisteva nell’espansione dell’offerta di moneta, non nella scelta di specifiche imprese da salvare. Mai come oggi, comunque, il tema delle cause profonde delle crisi va preso sul serio. L’Europa sta attraversando una crisi che rischia di lambire, attraverso le difficoltà della cosiddetta economia reale, anche il sistema bancario. L’esperienza ci mostra che non fare nulla può essere letale, ma ci dice anche che fare le cose sbagliate può essere molto peggio che stare con le mani in mano. Comprendere le cause di quello che sta accadendo è necessario a reagire in modo razionale. Può apparire una banalità, ma nessuna banalità è mai stata altrettanto trascurata dalla politica.
(*) Direttore studi e ricerche Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 17 ottobre 2022 alle ore 10:42